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libro primo 109

con avidità e volentieri, e’ vostri ragionamenti saranno, come e’ sono a me, accettissimi e gratissimi.

Ma che diremo noi? Lasciamo stare la descrizione e forma di questo tempio. Non cerchiamo quanto sia imposto suo peso a chi possa sostenerlo, o quanto sia non male occupato quello che farebbe a grazia e ammirazione. Altrove sarà da disputarne. Vegniamo a quello che io desidero intender da voi. Siete voi, Agnolo, in questa opinione che queste conversioni e coniunzioni di voci possino levare gli animi e imporre in loro vari eccitamenti e commozioni? Troppo sarebbe forza qui in Battista, se potesse con suoi strumenti musici adducere gli animi in qual parte e’ volessi. E in prima mi maraviglio del nostro Platone, principe de’ filosofi, quale affermava non avenire mai che nuova ragion di canti si ricevessero al vulgo e in uso senza qualche prossima perturbazione publica. Che quella e quell’altra armonia sia cagione di pervertere una republica, né io lo crederrei a Platone se me lo persuadesse, né voi mi loderesti s’io glielo credessi. Forse diranno che sia indizio e segno di quello ch’egli osservorono poi esser seguito: né questo ancora mi satisfa. Altre sono le vere cagioni, altri sono li veri indicii quali dimostrano l’apparecchiate ruine alle republiche, fra’ quali sono la immodestia, l’arroganza, l’audacia de’ cittadini, la impunità del peccare, la licenza del superchiare e’ minori, le conspirazioni e conventicule di chi vuole potere più che non si li conviene, le volontà ostinate contro i buoni consigli, e simili cose a voi notissime; sono quelle che danno cognizione de’ tempi, se seguiranno prosperi o avversi. E quell’altro, per onestar l’arte sua, disse che l’animo dell’uomo era composto d’armonia e di consonanze musice. Non mi satisfanno costoro, né veggo in che modo l’animo in cosa alcuna abbi convenienza con lo strepito o crepito di più voci e suoni. E tanto iudico l’animo esser o subietto o obligato o dato a questi suoi movimenti da cosa quale io non so compreendere quale ella sia, che non solo e’ musici, ma né ancora e’ filosofi con sue ottime e copiosissime ragioni possono diverterlo dalle cure quale tuttora lo assediano, né possono distorre da’ nostri pensieri l’acerbità in quale l’animo nostro non so come si rimpiega. Questo si pruova