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i libri della famiglia 397

lezioni di questo codice, creando in tal modo un testo ibrido che, secondo la nostra dimostrazione, confonde due redazioni dell’opera1.

Credo con questa analisi delle varianti di avere illustrato la necessità di supporre l’esistenza di una seconda redazione corretta e ampliata dall’autore, e perciò di fondare il testo critico, non su F1, ma su quel gruppo di codici che rappresenta una versione alquanto diversa e ampliata. Sarebbe difficile stabilire rapporti precisi tra le critiche riferite sopra del Dati e del Ceffi, e il tipo di correzioni e aggiunte che troviamo nel testo di questa seconda redazione, ma l’attenzione già data dall’autore alla correzione del Lib. I in F1, diventa ancora più notevole nel gruppo di codici che esaminiamo, e desta il sospetto che l’A. abbia in questo modo tentato di corrispondere alle loro osservazioni sul «primordium libri» 2. Significativo anche ci pare il fatto che il Lib. II, poco ritoccato dall’A. nella revisione compiuta su F1, qui riceve maggiore cura. L’ipotesi che ia seconda serie di emendamenti fosse fatta intorno a quella data, cioè al 1443, trova qualche conforto anche nel fatto che il cod. F7, trascritto nel 1444, non corrisponde a F1, ma piuttosto a U e agli altri codici del terzo libro. Ma qui si tratta di un libro solo, e quello che ha subito meno emendamenti, ed è difficile fondare la cronologia della fortuna dell’opera su elementi parziali. Né

  1. Si vedano ad esempio le sgg. note dell’ed. cit., scelte a caso: p. 10, n. 14; p. 11, n. 7 e n. ai; p. 32, n. 6; p. 41, n. 1; p. 72, n. 8; p. 91, n. 12; p. 99. n. 3; p. 136, n. 21; p. 182, n. 18; p. 183, n. 10; p. 185, n. 7; p. 251, n. 6; p. 312, n. 11; p. 313, n. 7. Sulla contaminazione di F1 e U, cfr. le osservazioni di G. Martellotti in «Leonardo, Rass. Bibl.», nuova serie, XV, 1946, pp. 356-8 (recensione all’ed. Pellegrini-Spongano), e le miei illustrazioni nell’art. cit. sopra (nota 1), pp. 213-5. In molti casi il Pellegrini, seguendo la lezione dei codd. data dal Mancini (purtroppo spesso non esatta) si trovava a dover spiegare nelle note cose insussistenti, o a congetturare l’esistenza di lezioni migliori, che poi effettivamente si riscontrano nei codici, e appunto negli stessi codd. visti dal Mancini. Ma non occorre ora rivedere questi casi; chi avesse la pazienza di confrontare il nostro testo con quello, se ne accorgerebbe senza troppa fatica.
  2. Un’altra serie di varianti tra F1 e gli altri codd. che merita di essere rilevata riguarda la forma del condizionale. Chi esamina F1 trova che nel Lib. I questo oscilla per la 3a persona del sing. e del plur. tra le forme in -ia, -iano, e quelle in -ebbe, -ebbero (-ebbono), mentre negli altri libri predominano quasi esclusivamente le forme in -ebbe, -ebbero (-ebbono). Appare anche che nella stesura del Lib. I erano costanti le forme in -ia, -iano, che poi sono state corrette in parte dallo stesso copista e dall’A. in -ebbe, -ebbero. Se si passa poi ad U e agli altri codd. della 2a redazione, si trova che questo processo sembra essersi compiuto, perché le forme in -ia, -iano sono rarissime, e l’oscillazione notata nel Lib. I in F1 è scomparsa. Nota che anche qui la correzione insiste sempre sul Lib. I.