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i libri della famiglia 381

quarto libro a sé (O), colla sua nota sulla presentazione al comune di Firenze, sta anch’esso ad indicare un’altra particolare occasione nella storia del testo; ma né l’una né l’altra dedicatoria di questi singoli libri dovrebbe oscurare il fatto che l’autore considerava la sua Famiglia come un’opera sola e integra.

E a dimostrare questo, basta il cod. F1 in cui si leggono tutti e quattro i libri riveduti dall’autore. Significativa però in questo cod. in parte autografo è la mancanza della dedicatoria del terzo libro che figura in tutti gli altri codd. che lo contengono: fatto che induce a credere che questa copia, se non anche le correzioni autografe, fosse fatta prima del 1437, anno probabile della presentazione a Francesco d’Altobianco. Né contraddice questa ipotesi la presenza del quarto libro, che fu, come si crede, composto più tardi, perché i due ultimi libri vi sono copiati da mani diverse. Quali che fossero questi particolari cronologici, le condizioni di questo importantissimo codice, trascritto nella parte che ora ci riguarda, da quattro mani diverse, e largamente corretto dall’Alberti, fanno pensare ad una primitiva redazione che l’autore teneva presso di sé ed emendava e ampliava in diversi momenti. Ho già dato altrove un’analisi delle aggiunte e correzioni autografe di questo cod., preziose anche per la conoscenza delle abitudini dell’A. scrittore1. È importante notare che esse sono più numerose nel primo libro, un po’ meno nel terzo, meno ancora nel quarto, e rare nel secondo. Oltre le correzioni degli errori dei copisti e i non molti emendamenti di carattere lessicale e stilistico, la revisione autografa di F1 si estende soprattutto all’aggiunta di frasi e di intieri periodi, o anche di alcuni paragrafi: lavoro perciò di correzione e di ampliamento anziché di semplice revisione sintattica e stilistica. Sorge il dubbio se questa possa essere la revisione suggerita dalla lettera del Dati.

Queste correzioni fatte dall’autore su F1 si possono dividere per

    Spongano nella nuova prefazione all’ed. del Pellegrini, cit. avanti, perché la maggior fortuna anche nel ’400 dell’opera in una forma tutt’altro che bella e pulita, cioè nei rifacimenti quali il Governo, mi pare indicare appunto che non si guardava tanto allora all’espressione quanto al contenuto. Siamo noi ora a giudicarne diversamente, ma non cambia il principale motivo della fortuna dell’opera. Per altre osservazioni sul Governo vedi più avanti.

  1. In «Lingua Nostra», XVI, 1955, pp. 105-110.