Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/317


libro quarto 311

levità odiosa, non sapere perseverare amando chi tu riputasti degno da te essere amato. Adunque, e chi non biasimasse costui el quale o prima troppo fu imprudente e molto inconsiderato eleggendo e dandosi ad amar persona indegna, o poi fu volubile e poco fermo in serbare con virile officio la ben principiata amicizia? Quale stolto non fra’ primi suoi beni reputa l’amico supprema e a sé carissima cosa? E qual cagione picciola e lieve tanto potrà apresso di noi, che a noi in qualunque modo non dolga perdere uno amico? Per questo che diremo? Non convenirsi che molto sia maggiore cagione quella quale induca te a privarne te stessi, che quella per quale altri te inciti a perdere la principiata amicizia? E voglio sia appresso di noi qui persuaso che in chi sia perfetta sapienza, costui mai resterà di perseverare amando chi già egli principiò riputarlo amico. Confesserò qui però pure tutti e’ mortali non meritare essere ascritti nel numero de’ perfetti savii, e tutti quasi da natura desiderare amici, ed essere proni ad amicizia. E affermerotti quanto dirai, che non rarissimo possono avvenire più cose, per le quali chi sia buono e onestissimo, chi pregi fama e lode, chi sia affezionato alla virtù e alla patria, s’indurrà a preeleggere che chi egli ama ora meno a sé sia che l’usato coniuntissimo. Se così acadesse, non sarà biasimo con modo e ragione dividere l’amicizia.

Vuolsi adunque investigare per qual cagioni sia licito avere in luogo di strano chi sino a testé a noi fu coniuntissimo. E qui accade ridurre a memoria quanto di sopra dicemmo, l’amicizia surgere da benivolenza, quale nata da cose oneste accende gli animi a desiderar bene a chi gli par che ’l meriti; e quasi niuno in cui sia ragion può non odiare uno disonesto e vizioso; né chi desidera bene ad altri per fine e cagione non onesta ama, ma desiderando vederlo più lieto e più fortunato appetisce utile a sé più che ad altri. Per quali tutte brevissime raconte cagioni possiamo averare la vera benivolenza esser pur cosa certo onesta e mai disiunta dalla onestà. Onde varii igniculi e faville d’amore così inserti ne’ nostri animi, ben desiderando a chi ben meriti, di dì in dì