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libro quarto 279

tava, e così studiava essere grato e iocundo agli occhi e oricchi persino de’ plebei e infimi uomini. E perché così al Re dilettava vedere e’ suoi mottegiosi, festivi, desti, nulla pigri, nulla desidiosi, io non raro in sua presenza me essercitava, e con dolcezza eccitava gli altri a pari far prova di sua virtù, a cavallo in giostra, a piè schermendo, saltando, lanciando, e dava opera a tutti essere di costume e gentilezza non meno che in queste simili prodezze superiore; e bastavami non essere inferiore di forza quando potea superarli di cortesia e lode d’animo, benché a quelle destrezze e gagliardie, se a voi ramenta, vedesti me giovane non debole, e fra gli altri non disadatto. Ma come era apresso el Duca a me prima suto incommodo molestissimo el convenirmi con infinito studio di diligenza osservare e accorrere, ch’io non tardassi o perdessi quella e quell’altra ora utile a presentarmi, così con Ladislao qui m’era molestia gravissima né ozio, né certo spazio d’ora a mia privata alcuna volontà o faccenda quasi mai restarmi; tanto mi convenia così non altrove essere che pressoli, ché bene intendea io quanto chi disse la benivolenza de’ signori essere simile alla dimestichezza dello sparviere, disse el vero. Una volata el rende soro e foresto; uno minimo errore, una parola, come voi litterati di ciò avete infiniti scritti essempli, anzi e un sol guardo s’è trovato stato cagione che ’l signore prese odio capitale contro chi e’ molto prima amava.

Lionardo. E abbiànne essempli non pochi, né vulgari. Scrive Cicerone che Dionisio re di Siragusa studioso di giucare a palla, giucando avea dato a serbare la vesta sua a uno garzonetto da sé amato, e de’ suoi amici uno giucando disse: «E sì, Dionisio, a costui che racomandasti? La vita tua?» Vide Dionisio a quelle parole el fanciullo surridere, e per questo comandò ambo que’ due fussero uccisi, quali l’uno, quanto e’ giudicava, diede via a poterlo venenare, e l’altro ridendo parse assentirli.

Piero. Però io con molta vigilanza, assiduità e osservanza, con onestissimi e iocundissimi essercizii, con ogni riguardo in favellare e degna moderazion d’ogni mio gesto, curava,