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libro quarto 271

noto e ’l nome e la magnificenza sua. E quello che in lui non ultimo a me parea di pregiare, era cupidissimo de’ virtuosi e amantissimo de’ buoni, e padre della nobilità. Presi adunque di tutti e’ suoi chi più che gli altri a me parea e così da molti udiva col principe era assiduo in secreti spesso e solo, e di quale io quanto si convenia sanza esserli tedioso, potessi avere copia a farmeli ben familiare, e quale di sua natura fusse servente, e a cui el nome della famiglia nostra Alberta fusse non molesto, e quale fusse posto in grado dalla fortuna che, per serbare sé a sé stessi, sperando qualche utile occasione non mi si desse tardo e rattenuto ad interporsi per farmi nota e utile la liberalità di chi lo amava; ché sapete, alcuni porgono sì caro la presenza e parole del principe in cui e’ possono, che apena ti danno addito a vederlo sanza gravi premii, e alcuni fuggono spendere la grazia del prencipe in utilità d’altri che di sé stessi. Questo uno adunque, chiamato Francesco Barbavara, uomo d’ingegno e di costumi nobillissimo, assiduo col prencipe, facile, liberale e nulla contumace a concedermisi ad amicizia, fu quello al quale me assiduo diedi con visitarlo e salutarlo. E perché lo dilettavano e’ poeti, però in tempo li recitava quanto avea io mandatomi a memoria più altri e in prima poemi del nostro messer Antonio Alberti. A costui omo studiosissimo molto piaceano, ché certo, quanto e’ dicea sono pieni di soave maturità e aspersi di molta gentilezza e leggiadria, e, a pari degli altri nostri toscani poeti, degni d’essere letti e molto lodati. E così a me el feci domestico di giorno in giorno, tanto ch’e’ desiderava in qualche mia laude e felice fortuna essermi in aiuto e utile. Quinci adunque seco apersi el mio animo e consiglio, e quanto el pregai, per lui ebbi addito e lieta fronte e umanissimo ricetto e non poca audienza apresso del prencipe Duca, quale, inteso el nome della famiglia e patria mia, più cose con molta gravità e signorile modestia disse con più parole a questa sentenza: sé essere a’ Fiorentini non d’animo in quella parte infesto che non preponga la amicizia loro a ogni contenzione: né parerli però che ’l contendere suo sia meno onesto