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260 i libri della famiglia

volta in tempo di pace, per vedere quanto nella battaglia contro e’ nimici e’ valesse?

Giannozzo. Sì.

Adovardo. E se voi avessi la bella vesta, non la vorresti voi provare in casa qualche volta, per vedere come voi ne fossi onorato ne’ dì e ne’ luoghi solenni?

Giannozzo. Sì.

Adovardo. E se voi avessi il cavallo, non lo vorresti voi avere fatto correre e saltare, per sapere come bisognando e’ vi potesse cavare della via difficile e portarvi in luogo salvo?

Giannozzo. Sì. Ma che intendi tu dire?

Adovardo. Voglio dire pertanto, così credo si conviene fare degli amici: provarli in cose pacifiche e quiete, per sapere quant’e’ possino alle turbate, provarli in cose private e piccole in casa, per sapere com’e’ valessino nelle publice e grandi, provarli quanto corrano a fare l’utile e l’onore tuo, quanto siano atti a portarti e sofferirti nelle fortune, e cavarti delle avversità.

Giannozzo. Non biasimo queste tue ragioni. Meglio è avere gli amici provati che averli a provare. Ma quanto io pruovo in me, che mai offesi alcuno, che sempre cercai piacere a tutti, dispiacere a niuno, che sempre curai e’ fatti miei io stessi attesomi alla mia masserizia, per questo mi truovo delle conoscenze assai, non mi bisogna richiedere, né afaticare gli amici, truovomi oneste ricchezze, e tra gli altri, grazia d’Iddio, sono posto non adrieto; così voglio confortare voi. Seguite come fate, vivete onesti, e in ditti e in fatti mai vi piaccia nuocere ad alcuno. Se voi non vorrete l’altrui, se saprete del vostro esserne massai, a voi molto raro, molto poco bisognerà provare gli amici.

Io sarei qui con voi quanto vi piacesse, ma io veggo l’amico mio per cui bisogna m’adoperi in palagio; così ordinammo stamane per tempo; testé sarà ora di comparire; non voglio abandonare l’amico mio: sempre a me piacque più tosto servire altri che richiedere, più tosto farmi altri obligato che obligarmi; e piacemi questa opera di pietà, sol-