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libro terzo 223


Lionardo. Molto mi diletta, Giannozzo, che in questi vostri ricordi e ammonimenti santissimi e severissimi voi ancora siate giocoso e festivo.

Giannozzo. Certo sarebbe cosa da ridere se io gli avessi voluto insegnare dormir sola. Non so io se quelli tuoi antichi li sepporo insegnare.

Lionardo. Ogni altra cosa. Ma e’ racontano bene come e’ confortavano la donna che con suoi atti e portamenti ella non volesse parere più disonesta che in verità non fusse. E racontasi come e’ persuadevano alle donne per questo non si dipignessono il viso con cerusa, brasile e simile liscio alcuno.

Giannozzo. Dicoti che in questo io bene non mancai.

Lionardo. Molto vorrei udire il modo per, quando anche io arò la donna, sappia fare quello quale poco sanno molti mariti. A ciascuno dispiace vedere la moglie lisciata, ma niuno pare sappia distornela.

Giannozzo. E in questo fu’ io prudentissimo, né ti dispiacerà udire in quanto bello modo io gli ponessi in odio ogni liscio; e perché a voi sarà utilissimo avermi udito, ascoltatemi. Quando io ebbi alla donna mia consegnato tutta la casa, ridutti come racontai serrati in camera, e lei e io c’inginocchiammo e pregammo Iddio ci desse facultà di bene usufruttare quelli beni de’ quali la pietà e beneficenza sua ci aveva fatti partefici, e ripregammo ancora con molta divotissima mente ci concedesse grazia di vivere insieme con tranquillità e concordia molti anni lieti e con molti figliuoli maschi, e a me desse ricchezza, amistà e onore, a lei donasse integrità e onestà e virtù d’essere buona massaia. Poi, levati diritti, dissi:

«Moglie mia, a noi non basta avere di queste ottime e santissime cose pregatone Iddio, se in esse noi non saremo diligenti e solleciti quanto più ci sarà licito, per quanto pregammo essere e asseguirle. Io, donna mia, procurerò con ogni mia industria e opera d’acquistare quanto pregammo Iddio: tu il simile con ogni tua voluntà, con tutto lo ingegno, con