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libro terzo 211

edificii. Adunque a queste spese che regola o che modo daresti voi? So in questo come nell’altre forse dovete avere perfetti documenti.

Giannozzo. E hogli tali che nulla meglio.

Lionardo. E quali?

Giannozzo. Uditemi. Io soglio porre mente, e pènsavi ancora tu s’io tengo buona opinione; vedi, a me pare le spese tutte siano o necessarie o non necessarie, e chiamo io necessarie quelle spese, senza le quali non si può onesto mantenere la famiglia, quali spese chi non le fa nuoce allo onore suo e al commodo de’ suoi; e quanto non le faccendo più nuociono, tanto più sono necessarie. E sono queste numero a raccontarle grandissimo; ma insomma possiamo dire siano quelle fatte per averne e conservarne la casa, la possessione e la bottega, tre membri onde alla famiglia s’aministra ogni utilità e frutto quanto bisogna. Vero, le spese non necessarie sono o con qualche ragione fatte, o senza alcuna pazzamente gittate via. Ma le spese non necessarie con qualche ragione fatte piacciono, non fatte non nuocono. E sono queste come dipignere la loggia, comperare gli arienti, volersi magnificare con pompa, con vestire e con liberalità. Sono anche poco necessarie, ma non senza qualche ragione, le spese fatte per asseguire piaceri, sollazzi civili, senza quali ancora potevi onesto e bene viverti.

Lionardo. Intendovi: come d’avere bellissimi libri, nobilissimi corsieri, e simile voglie d’animo generoso e magnifico.

Giannozzo. Proprio questo medesimo.

Lionardo. Adunque si chiamino queste spese voluntarie, perché satisfanno più tosto alla voluntà che alla necessità.

Giannozzo. Piacemi. Di poi le spese pazze sono quelle quali fatte meritano biasimo, come sarebbe pascere in casa draconi o altri animali più che questi terribili, crudeli e venenosi.

Lionardo. Tigri forse?

Giannozzo. Anzi, Lionardo mio, pascere scelerati e vi-