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206 i libri della famiglia

avere. La diligenza del maestro può d’uno fattore non molto buono farlo migliore, ma la negligenza di chi debba avere principale cura delle cose sempre suole di qualunque buono lasciarlo piggiorare.

Lionardo. E quanto! Uno fattore vizioso ti ruba e inganna per suo maligno ingegno, benché tu sia sollicito, e molto più ti nocerà ove vedrà alle cose tue in te stessi essere negligenza. E bene questo spesso provorono e’ nostri, e bene spesso hanno avuto chi per suo vizio molto più che per nostra negligenza ci è stato dannoso. Ma da’ viziosi raro si può senza danno ritrarsi.

Giannozzo. A me, quando io riduco a memoria quelli danni e perdite di molti mercatanti, e ove io veggo che de’ sei infortunii e’ cinque sono occorsi per difetto di chi governa le cose, pare veramente possa così affermare che niuna cosa tanto fa buono fattore quanto la diligenza del maestro. La pigrizia, tralasciare e non spesso rivedere e’ fatti suoi troppo, figliuoli miei, troppo nuoce. E stolto colui, il quale non saprà favellare de’ fatti suoi se non per bocca altrui. Cieco per certo sarà colui, il quale non vedrà se non con gli occhi altrui. Vuolsi adunque stare sollicito, desto, diligente, rivedere spesso ogni nostra cosa, perché così nulla si può facilmente perdere, e ismarrita più tosto si truova. Agiugni che sendo negligente ti si fa una somma di faccende quale a scioglierle non vi basta il dì, né ivi puoi quanto bisogna fatica, e truovi quel che tu ne’ tempi suoi aresti fatto bene e con diletto, ora, volendo quello quanto bisogna doppo allo indugio, t’è impossibile o farlo a compimento, o delle molte parti farne alcuna bene quanto certo prima aresti nelle stagioni loro fatto. Così adunque io sarei sempre in ogni cosa diligente, e in questa quanto a me s’apartenesse molto sarei sollicito, prima in scegliere quanto più potessi buono fattore, poi sarei diligente in nollo lasciare piggiorare rivedendo spesso e riconoscendo ogni mia cosa. E acciò ch’e’ miei avessino cagione d’essere migliori, io gli onorerei e lar-