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libro terzo 179

potuto stimare in altrui durezza nelle ingiurie nostre più che in me stessi? Come potevo io, figliuoli miei, stimare che quelli i quali avevano per qual che si fosse o non onesta, o poco licita cagione offesa la famiglia nostra, più fossero ostinati in malivolenza e odio che noi, i quali ogni dì più sentavamo l’offese e le ingiurie loro? E io pur sono uno di quelli quale già più anni dell’animo mio cancellai il nome e memoria di ciascuno da chi noi perfino testé sentiamo tanta iniquità e tanto dolore. Né mi parse mai in uomo alcuno durare quanto in costoro animo al tutto inumano e crudelissimo, ingiusti a cacciarci, crudeli a perseguitarci. Né loro basta tenerci in tanta miseria vivi. Ancora pongono premio a chi ci acresca l’ultime nostre miserie. Ma Dio di questo sia inverso di noi iudice più piatoso che severo verso chi erra. E dico, figliuoli miei, che buono per me, se io già più anni in me avessi avuta altra opinione.

Lionardo. E che aresti voi fatto? Come aresti voi ordinato la masserizia?

Giannozzo. Meglio del mondo; una vita quieta senza grave alcuna sollecitudine. Are’mi così pensato, — vieni qua, Giannozzo, monstra qui che cosa ti concede la fortuna. Truovomi da lei avere in casa la famiglia, la roba, vero? E altro? Sì. Che? Lo onore e l’amistà di fuori.

Lionardo. Chiamate voi forse, come questi nostri cittadini, onore trovarsi nelli uffici e nello stato?

Giannozzo. Niuna cosa manco, Lionardo mio; niuna cosa manco, figliuoli miei. Niuna cosa a me pare in uno uomo meno degna di riputarsela ad onore che ritrovarsi in questi stati. E questo, figliuoli miei, sapete voi perché? Sì perché noi Alberti ce ne siamo fuori di questi fummi, sì anche perché io sono di quelli che mai gli pregiai. Ogni altra vita a me sempre piacque più troppo che quella delli, così diremo, statuali. E a chi non dovesse quella al tutto dispiacere? Vita molestissima, piena di sospetti, di fatiche, pienissima di servitù. Che vedi tu da questi i quali si travagliono agli stati essere differenza a publici servi? Pratica qui, ripriega quivi,