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libro terzo 173

amplificata. Come sapete, i primi fondamenti del nostro publico palagio furono imposti sendo Alberto figliuolo di messer Iacobo iurisconsulto collega priore in la amministrazione della republica. E io spesso fra me stessi pongo mente che da grandissimo tempo sino a qui mai fu in casa nostra Alberta alcuno del sangue nostro il quale non fosse padre, o figliuolo, zio o nipote di cavalieri nati di noi Alberti.

Ma lasciamo andare questa genealogia, la quale non sarebbe al proposito nostro della masserizia, né a quello di che tu mi adomandi se quelli precetti quali io recitava erano da me fabricati, o pur intesi da altri. Dico che in casa di messer Niccolaio, sendovi messer Benedetto Alberto, come era loro usanza mai ragionare di cose infime, sempre di cose magnifice, sempre fra loro in casa conferendo quanto apartenesse allo utile della famiglia, allo onore e commodo di ciascuno, sempre stavano o leggendo questi vostri libri, sempre o in palagio a consigliare la patria, e in qualunque luogo disputando con valenti uomini, monstrando la virtù loro e rendendo virtuosi chi gli ascoltava, così solevano al continuo essercitarsi. Onde per questo io e gli altri nostri giovani Alberti, quanto dalle altre faccende a noi era licito, al continuo eravamo con loro per imparare e per onorarli. E fra l’altre volte, come degli altri tuttora, in casa di messer Niccolaio capitò uno sacerdote vecchio, canuto, tutto ornato di modestia e umanità, con quella sua barba stesa e piena di molta gravità, con quel fronte aperto pieno di costumi e riverenza, il quale fra molti bellissimi ragionamenti cominciò ivi narrare di queste cose, non della masserizia no, ma diceva de’ doni quali Iddio diede a’ mortali, e seguiva narrando quanto dovea l’uomo di tanti beneficii averne grazia a Dio, e molto dimonstrava quanto sarebbe l’uomo ingrato non riguardando e non adoperando bene la grazia quale avesse ricevuta da Dio. Ma diceva niuna cosa era propria nostra, se non solo un certo arbitrio e forza di mente, e se pure alcuna si poteva chiamare nostra, queste erano le sole tre quali dissi, anima, corpo e tempo. E benché il corpo fusse sottoposto a molti morbi, a molti casi e miserie,