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LIBRO TERZO


Liber tertius Familie: economicus


Avea già datoci a più cose risposta Lionardo, delle quali Carlo e io circa i ditti di sopra ragionamenti o dubitavamo o non bene ci ricordavamo, e avea cominciato grandemente a lodarci della diligenza la quale Carlo e io avàmo tenuta la notte passata in trascrivere in brevissimi commentarii quanto il dì di sopra nelle udite sue disputazioni tenevamo. In questo, Giannozzo Alberto, uomo per sua grandissima umanità e per suoi costumi interissimi da tutti chiamato e riputato, come veramente era, buono, sopragiunse. Venia per vedere Ricciardo. Salutocci e domandò quanto si sentisse bene Lorenzo, e quanto si fusse confortato per la giunta del fratello. Lionardo lo ricevè con molta riverenza e disse: — Ben vorrei, Giannozzo, voi fossi qui ieri da sera stato quando Ricciardo qui giunse.

Giannozzo. Bene arei così voluto. Nollo seppi in tempo.

Lionardo. Sarebbevi l’animo, credo, tutto intenerito. Stavasi Lorenzo pur grave a dire il vero, pur debole, Giannozzo. Questo suo male verso la sera il prieme, e più lo tiene la notte grave che il dì. Sentì Lorenzo e conobbe la voce del fratello quasi come lasso si destasse. Alzò su gli occhi insieme e levò alquanto una mano con tutto il braccio scoperto e lasciollo un poco più là ricadere, e sospirò, e volgendosi verso el fratello lo mirava ben fiso, e in tutto che fosse debolissimo pur s’aiutava ad onorarlo. Porsegli la mano. Ricciardo si gli accostò, e così presi si tenerono non piccolo spazio abbracciati. L’uno e l’altro pareva volesse salutarsi e dire più cose, ma nulla potesse profferire. Lacrimorono.