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libro secondo 151

Ma di questo sarà altrove da disputarne. Noi vero qui ci consiglieremo in ogni nostra via, in ogni spasso, non colla utilità, non colla voluttà, ma colla onestà. Sempre daremo luogo alla onestà, che con noi sia come un publico, giusto, pratico e prudentissimo sensale, el quale misuri, pesi, anoveri molto bene più volte, e stimi e pregi ogni nostro atto, fatto, pensiero e voglia. E così con lei diventeremo, se non di molta roba ricchi, almeno di fama, lodo, grazia e favore e onore abundantissimi, cose tutte da preporre a qual si sia grandi e amplissime ricchezze. Così adunque faremo. Saracci sempre l’onestà presso e a fronte, temerélla e amerélla. Credo per ora qui bastino questi come generali documenti a non essere povero. Noi non cerchiamo altro. Le ricchezze si vogliono per non aver bisogno, e troppo a me sarà colui ricco a chi nulla bisognerà; e chi come abbiamo detto sé stessi esserciterà, costui certamente di nulla arà bisogno, anzi più tosto d’ogni onesta cosa abonderà. Poiché noi così testé abbiamo veduto quali sieno e’ più utili essercizii, più da pigliare, e in che modo s’abbia a reggervisi, ora veggo vorresti spiegassimo e riconoscessimo qua’ sian questi essercizii, come sieno chiamati, se sono que’ dell’arme, quegli dell’agricultura, o quelli delle scienze e arti, o vero pur quegli della mercantia, e usciti di questi essercizii disiderresti udire della masserizia, la quale dissi era delle due l’una a diventar ricco.

Battista. Sì. Ma pon mente, Carlo, e’ mi pare sentire...

Lionardo. E anche a me. Ben te lo dissi, Battista, e tu vedi testé, che apunto in sul più fermo nostro ragionare...

Carlo. Egli è Ricciardo.

Battista. Sì?

Carlo. Sì.

Lionardo. Andià’gli contro, poi domani per tempo saremo qui insieme.

Battista. Sta bene. Và. Io ti seguo.