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libro secondo 147

verratti non escludere la fortuna, ma moderarla in prudenza e consiglio. Potresti dire, ragioniamo pure del guadagno, nel quale sempre la ’ndustria e prudenza insieme colla sollecitudine e cura troppo valse. Sta bene. Non però ancora mi pare stôrmi di quella opinione, e pure stimo così: s’e’ guadagni vengono da nostra industria, quegli saranno non grandi, quando la nostra industria e consiglio sarà piccolo. De’ piccoli traffichi niuno, per grande industria che si truovi, può ritrarne grandissimi guadagni. Questi pertanto diventeranno maggiori crescendo in noi colle faccende insieme industria e opera. Adunque in gran traffichi si truovano e’ gran guadagni, ne’ quali io dubito la fortuna non raro vi s’aviluppi in le mercatantie simili a quelle di quegli nostri Alberti, quando e’ facevano per terra venire dall’ultima Fiandra insino in Firenze lane a un tratto quanto bastava a tutti e’ pannieri di Firenze insieme e gran parte di Toscana. Non racontiamo l’altre moltissime mercantie condutte in Firenze, tradutte da que’ di casa nostra sino dalle estreme provincie con molta spesa, per monti e passi asperrimi e difficillimi. Quelle tante lane venivan elle forse fuori delle braccia della fortuna? Quanti pericoli passavano, quanti fiumi, quante difficultà prima ch’elle si posassino al sicuro! Ladri, tiranni, guerre, negligenza, vizio di procuratori, e simili casi da ogni banda loro non gli mancavano. Così credo intervenga quasi in tutte le grande faccende, in tutti e’ traffichi e mercantie degni a una tanto nobile e onesta famiglia. Vogliono essere e’ mercatanti così fatti come furono i nostri passati, come sono i presenti, e non dubito per avenire sempre saranno i nostri Alberti, - fare grande imprese, condurre cose utilissime alla patria, serbare l’onore e fama della famiglia, e di dì in dì non meno in autorità e in grazia crescere che in pecunia e roba. Potremo adunque statuire, come dicevano coloro, sia ne’ nostri essercizii l’animo mai servo, sempre libero, il corpo non suggetto ad alcuna disonestà e turpitudine, ma sempre ornato di modestia e temperanza, e seguasi in quegli essercizii ne’ quali la fortuna tenga, non vo’ dire niuna, ma non troppa licenza.