Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
il leardo. | 29 |
giovane, con gli occhi gaudenti ne scoprì le carni
gigliate e fresche; senti di essa una súbita concupiscenza;
dimenticò il nipote e quindi lo ricordò,
ma per tradirlo.
— Voi avete una fortuna, che non ho io — disse a ser Lapo quando Giovanna fu uscita. — Che mi valgono i quattrini a me? — Indi chiese: — La maritate?
Arcigno in viso, con tonò aspro, ser Lapo rispose: — Essa è bella, savia e d’alto lignaggio: a chi volete che la dia? — E si dolse del tempo presente, quando non era piú cavaliere degno di sua figlia. — Ma io — aggiunse l’avaro — , non voglio dotarla prima di morire.
Allora parlò il signore di Monveglio, e parlò in guisa che l’altro lo comprese disposto a prendere una moglie senza dote. — Ma non sono piú giovane — lamentava il signore di Monveglio.
— Mia figlia è savia — ribatté ser Lapo. E fu conchiuso il parentado.
Durante la cena i vecchi amici discorsero della loro giovinezza, ilare e rubicondo l’uno, l’altro sempre scuro e sempre astioso. Neppure a ripen-