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28 | il leardo. |
III.
Mentre ser Lapo del Farneto numerava delle monete lucenti, che sembravano esser state battute allora allora, e accarezzandole cogli occhi le ammucchiava su la tavola, uno scudiero avvertí la scolta che il signore di Monveglio veniva a trovare il castellano. All’annuncio messer Lapo si alzò puntando le mani sui bracciali del seggiolone, e con quanta fretta gli era consentita dalle deboli forze e dai malanni che gli intorpidivano le membra ripose il tesoro nella cassapanca e diede l’ordine: — Ben venga il vecchio amico!
I due, in rivedersi dopo tanti anni, dissimularono entrambi la sorpresa di un sentimento maligno: d’invidia il signore di Farneto perché egli, scarno, smorto e male in gambe, scorse rubesto, rubizzo e grasso quello di Monveglio; di gioia questi per confronto del suo stato con quello dell’amico. Ma Lapo chiamò la figliola, bramoso che l’altro gli invidiasse almeno un bene ch’egli non aveva; e il signore di Monveglio, vedendo la bella