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188 | la dama fallace. |
corte di Torino, e gli domandò nuova dell’amico
Gabrio.
Rispose il gentiluomo:
— Ha sposata la dama che si diceva sorella del Palmenghi.
— Vittoria! — gridò don Alfonso, cui parve ricevere d’un coltello nel cuore.
— Vittoria facile per i suoi amanti — disse l’altro sorridendo del motto —; ma essa ha nome Domitilla.
Don Alfonso n’aveva imparato abbastanza, e dissimulando quel che pativa dentro, volle sapere di piú: chiese piú cose, e infine che cagione si fosse data in Parma alla sua rissa co ’l Palmenghi. — Che l’uno di voi era geloso dell’altro, o che Domitilla spinse l’uno a liberarla dell’altro. Ma un terzo ha goduto.
Cadutagli la benda dagli occhi, don Alfonso credè scorgere anche oltre la verità vera. L’amore della dama per lui era dunque stato uno svago, un sollazzo cominciato colla bugia del nome ambiguo che quella, cosí per gioco, aveva assunto, e proseguito per una tragedia fino al tradimento: