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182 | la dama fallace. |
V.
Domitilla non aveva a pena goduto del suo trionfo che si dié colpa d’essere stata troppo debole ed arrendevole; e quantunque non dubitava della parola di don Alfonso temeva che egli appagato nel desiderio e già pentito si disamorasse, o almeno non giudicasse grande quant’ella voleva la grazia ottenuta quella notte. Essa l’amava; ma per dominarlo le bisognava che l’ardore di lui fosse piú vivo del suo stesso ardore; e per acuirne o riagitarne le brame e inretirlo piú strettamente, le bisognava farle stentare la ripetizione e l’intero possesso della voluttà.
Gli scrisse il giorno dopo: “Guardatevi, ché è in pericolo la vostra vita.„
Don Alfonso, il quale non aveva paura di pericolo conosciuto e certo, a quell’avviso cominciò quasi sgomento a imaginare ogni piú strano affronto ed ogni danno che potesse fargli il nemico nascosto e sconosciuto; e come da un pezzo sospettava fosse il Palmenghi il carceriere della