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la fantasima. 117


quasi scoppiava per non ridere. Pure disse seria:

— Io non vedo nulla — e richiuse le palpebre.

— E là! È là! — ripeteva messer Tonio, e si faceva di gran croci. Nella stanza, davanti all’imagine sacra, ardeva la lucerna, ma con lume così tenue e fosco che tra quel lume e il buio dell’altra camera il mostro bianco, immoto e diritto su la soglia, appariva immateriale e vano al pari d’una larva.

Messer Tonio guardava con terrore, ma preso dal fascino della visione sovrumana non poteva distorre gli occhi da quegli occhi mostruosi; e mentre si segnava con la destra, con la sinistra scoteva madonna Lisa perché partecipasse al suo terrore.

— Vuol parlare! Parla! — egli gemeva.

Lo spettro infatti allargava la bocca senza dir nulla, quasi attingesse ed aspettasse la voce di sottoterra; e con una voce che veniva da sottoterra finalmente ululò: — Ohimè, messer Tonio, ohimè! In purgatorio si sta male!

A messer Tonio pareva d’essere in purgatorio; e — Odi tu? — egli gemette.