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titi per lei, e gli sdegni dei suoi e gli scherní dei compagni e i giochi e le feste che volentieri aveva obliati per lei, fino a consumarsi per lei l’anima e il corpo. Ma l’Agnesina pareva ascoltare un’altra voce che le discorresse nel petto. L’ammoniva l’altra voce di non trarre a morte Rinaldo; a pensare ch’egli non aveva altra colpa che di amarla molto e che colpevole era piuttosto Guglielmo, il quale dimentico o falso non s’era trovato a prenderla fuggente di casa; a considerare come bel giovane fosse pure Rinaldo e in che onore la tenesse: perché non raccogliere il piacere che da tempo la sua giovinezza le prometteva, perché rimanere lagrimosa e confusa quando alla lieve sventura non era rimedio? Ond’ella passò il rovescio della mano sui grand’occhi molli di pianto. Ma Rinaldo, cieco e disperato di potere piegarla, irrompeva in queste aspre parole:

— Meglio farei ad ucciderti perché altri non abbia mai ciò che altri ti avrebbe súbito tolto; pure io voglio che tu veda e creda a che mi hai ridotto. Or dunque tu salirai su ’l cavallo, che è docile, e andrai dove piú ti piacerà, ed io la-