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102 | agnesina. |
titi per lei, e gli sdegni dei suoi e gli scherní dei
compagni e i giochi e le feste che volentieri aveva
obliati per lei, fino a consumarsi per lei l’anima
e il corpo. Ma l’Agnesina pareva ascoltare un’altra
voce che le discorresse nel petto. L’ammoniva l’altra
voce di non trarre a morte Rinaldo; a pensare
ch’egli non aveva altra colpa che di amarla molto
e che colpevole era piuttosto Guglielmo, il quale
dimentico o falso non s’era trovato a prenderla
fuggente di casa; a considerare come bel giovane
fosse pure Rinaldo e in che onore la tenesse:
perché non raccogliere il piacere che da tempo
la sua giovinezza le prometteva, perché rimanere
lagrimosa e confusa quando alla lieve sventura
non era rimedio? Ond’ella passò il rovescio della
mano sui grand’occhi molli di pianto. Ma Rinaldo,
cieco e disperato di potere piegarla, irrompeva in
queste aspre parole:
— Meglio farei ad ucciderti perché altri non abbia mai ciò che altri ti avrebbe súbito tolto; pure io voglio che tu veda e creda a che mi hai ridotto. Or dunque tu salirai su ’l cavallo, che è docile, e andrai dove piú ti piacerà, ed io la-