Pagina:Albertazzi - Vecchie storie d'amore, 1895.djvu/111


agnesina 97

egli, al tempo che gli parve opportuno, passò dalla casa dell’Agnesina. Ma la fanciulla, impedita dalla madre che non dormiva, non era per anche discesa, e neppure quando il cavaliere tornò a passare; e il cavaliere credé aver troppa fretta e si dilungò per la via.

Allora allora l’Agnesina potè correre a basso; e indi a poco, palpitante e giuliva, udí accostarsi un cavallo. Non era Guglielmo Berlinghieri; era Rinaldo Imberali, il quale scorrendo come di solito presso a Firenze, veduta quella porta aperta, di null’altro in pensiero che del suo amore s’era incamminato per la buia contrada. L’Agnesina disse: — Son qui! —; e a Rinaldo nell’udire quel motto e nell’osservare quell’ombra bianca nell’oscurità, che gli faceva cenno della mano, sembrò di sognare: spinse il cavallo all’uscio della casa e colse in groppa, co ’l braccio, l’Agnesina.

Rinaldo punse il cavallo. Alla porta, i compagni di Guglielmo, aspettando che l’amico, secondo l’accordo, si fermasse a chiamarli, non guardarono a chi trascorreva cosí in fretta e in silenzio.