Pagina:Albertazzi - Top, 1922.djvu/99

Francesco mio... 97


Come? Il Santo adesso lo rimprovera? Io minaccia? E il patto conchiuso fra loro? La parola data: parola di galantuomo?

— All’inferno! — seguita con tono cupo il frate. — Povero te!

L’altro non si muove. Cerca chiarirsi in testa questo misterioso mutamento. Mancar di parola, adesso. Perchè mai?

Ah che pur troppo la trova la spiegazione! Sì: i santi furono uomini; e mutano di parola come gli uomini litigiosi e falsi!

E lo scemo s’arrabbia; e tutte le contumelie che ha appreso per le strade, per le osterie e nel mercato a mortificazione di chi manca ai patti, le scaglia contro San Francesco. E si spiega:

— Vergogna! Rimangiarsi la parola data! E pretender fede dai galantuomini, dai poveretti! E tradire! E chiamar in aiuto il diavolo, un santo!

Ma nella sua ira c’è, più profondo, il dolore; c’è l’amarezza di una delusione crudele; c’è una disperata angoscia. Gli pare, a Mattucco, d’impazzire! Un santo! Traditore! Oh!

Che mondo! Che onore! Che infamia! Oh scappar via! via! Scappare lontano, per sempre! fuggire dove non s’inganni e si tradisca! Non vedere nè un uomo, nè un santo, mai più! Via!

... Dove?