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Ci vuol pazienza! 83


— Cinque minuti! — E aggiungendo: — Ci vuol pazienza! — scappò verso la cucina.

Ma non v’era ancor giunto che la cagna, entrata per la porta opposta, gli si avventò contro, ad abbaiamenti furiosi. Egli non si spaventò, da uomo avvezzo a peggiori assalti ed attacchi. La paventò invece il gatto, che stava facendo colazione, e balzò su la credenza. Su la credenza (tutto ciò avveniva in pochi secondi) era un castelletto di piatti, e all’urto... Misericordia! Fu come se la casa intera andasse in frantumi! Urlava la serva, le mani nei capelli; urlava la signora Amalia arrivando, a braccia levate e aperte; urlava il signor Astolfo chiamando: — Lillín, Lillín! — E la Lillín seguitava a tempestare, sorda anche alla voce del padrone, sempre più arrabbiata contro l’intruso.

Solo lui, Monterúmici, non fiatava; quasi non fosse nemmeno spettatore del disastro. Seguitava nella faccenda per cui aveva i minuti contati. E compiuta che l’ebbe, passò davanti alla signora in disordine, le diede un’occhiata al capo, s’accorse o si accertò che portava la parrucca, guardò serio ai cocci, disse: — Ci vuol pazienza! — e volò su per le scale.

III.

— Pazienza un corno! — brontolava il signor Astolfo, cui finalmente riuscì di portar la cagna nella camera da desinare. — Un danno grande!