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60 | Adolfo Albertazzi |
Orrenda l’attesa; orrende, a un tratto, le strida che proruppero, della madre: — Il mio Agostino! il mio figliolo! Madonna santa! il mio figliolo!
Elena balzò; e intanto che si gettava indosso la veste, distingueva fra quelle strida atroci, incessanti, lo scalpiccio dei passi per le scale, il sussurro delle voci — di coloro che lo portavano su...
E dall’uscio aperto vide, nell’altra camera, al lume rossigno della candela...; vide; comprese.
Ferito, l’avevano adagiato nel letto... Seguitavan le strida; strazio, spasimo delle viscere materne; odio, esecrazione dell’anima materna davanti l’assassinio del figlio.
Nella memoria di Elena, ogni volta che raccapricciando riguardava la tragica notte, questa sola visione della madre era rimasta evidente; ma del resto il ricordo era torbido, confuso come le immagini d’allora, tra l’ombre agitate dal lume rosso della candela.
E la vecchia che non voleva staccarsi di là, e i due uomini che parevano forzarla senza potere...; due uomini!
Poi, il medico... Giungeva, usciva; tornava dicendo: — laparotomia...; tentare.
E lei. Elena? Nel ricordo si vedeva quale fosse stata sempre là spettatrice, smarrita, tremante, convulsa, nell’ombra. Invece, no: lei sola aveva fatto cessar quelle strida intollerabili; lei aveva tratta a sè la vecchia, l’aveva spinta nella sua ca-