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A Sant'Elpidio | 55 |
— Per quassù lei è una maestra troppo giovine e troppo bella!
Ah ah! Ecco che cosa avevano! Gelosia; invidia; timori d’oscuri pericoli.
Via! Stessero pur tranquille, tutte! Non mirava, no, a rapire l’amante a nessuna, il marito a nessuna, il figliuolo a nessuna! Nè si curò più della guerra esterna.
Ma in casa, per queto vivere, volle subito sollevar la vecchia dello strano sospetto ch’ella cercasse d’innamorarle il figlio. Appena di lui udiva i passi o la voce, scappava nella sua camera.
E la signora Filomena, la vecchia, non tardò ad accorgersi del proposito e a dimostrar gratitudine. Talvolta, piano piano, toccando con l’indice la punta del naso per impor silenzio, entrava a porgerle un uovo appena fatto; talvolta la chiamava dolcemente di sotto la finestra perchè scendesse a prendere un po’ di sole con lei.
— Venite giù, poverina! Vi farà bene.
E tanto insisteva che bisognava accontentarla.
Sedevano a solatio, davanti alla casa e di lato al pozzo e alla catapecchia ov’erano il forno, il porcile e il pollaio. Sotto al fico, dal piede bianco di cenere, la Filomena dipanava matasse all’arcolaio e cantarellava a bassa voce; Elena, seduta sulla panca del bucato, tra l’olla e la siepe su cui asciugavano fazzoletti e borracci, o cuciva o guardava le galline che andavano a letto. Montavano per la piccola scala sbalzando a una a una di piolo