Pagina:Albertazzi - Top, 1922.djvu/40

38 Adolfo Albertazzi


delle più liete creature del mondo? Era una vittoria su la natura, la quale ai volatili volle dar mezzo di sfuggire alla cupidigia umana, ed è tuttavia la soddisfazione di un’istintiva, atavica invidia per quelle creature così liete a credersi inaffenabili: tanta soddisfazione, tal gioia da rendere ingenua e inconsapevole la crudeltà.

— Con un archetto — diceva Mario — si prendon le buferle.

Ora i fratelli sedevano all’ombra insieme, pacificati e invogliati di caccia da un branco di cardellini che calando dalle fronde di sopra a loro eran venuti a bere e a bagnarsi.

— Sono men furbe dei cardellini le buferle — diceva Aldo.

— E se ci restan, nella corda, non scappan più. Vedrai!

Ma costruire un archetto non era agevole come legare un fascio di stipa.

Mario piegò ad arco un ramoscello e lo tese per bene con uno spago doppio a scorsoio. Se non che non sapeva ancora la giusta distanza dei nodi, nè trattener l’uno col piòlo, che, quando la vittima capiterebbe su la corda, cadrebbe, e l’arco scatterebbe serrando e stringendo le povere gambe fra l’altro nodo e la cocca. Uno spasimo atroce.

— Fa presto! — - Aldo sollecitava, ansioso del giuoco. — Dove ce n’è, delle buferle, adesso?

— Nell’acaciaia del Palazzaccio.