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254 | Adolfo Albertazzi |
aggiunse un bazzanese, che andava egli pure alla stazione, per venire a Bologna, e poichè il filosofo s’arrestava di frequente chiedendo: — È chiaro? — Capite? — La vedete come me, voi due? — , fu necessario, a non perdere il treno, prendere una scorciatoia.
Arrivarono in tempo alla stazione. Ma dove intendeva giungere il signor Petronio con la sua ruota che gira? Nient’altro che alla pace universale! Il sensale Mascarella e il Bazzanese, che sapevan leggere, interrompevano, però; interloquivano a lungo, con le loro ragioni e bestialità. Sicchè dopo un’ora e mezza di viaggio, arrivando a Bologna, il filosofo non era riuscito a persuaderli di altro che dalla pace in China e solo per evitare, nell’avvenire, un’invasione di Chinesi in Europa, in Italia, a Bologna, a Bazzano, in mercato, forse, a rubar bovini maschi e femmine.
Ed ecco che, appena fermo il treno, si ode gridare da ogni parte:
— La pace! la pace! Ultimi telegrammi! Notizie della pace! Telegrammi dalla China!
Subito il signor Petronio comperò due o tre giornali; felice come se avesse imparato a leggere in quel punto. Poi discese, e disceso che fu, si volse a guardar nel sedile del vagone e su, alla reticella. Nonostante il gaudio, gli pareva d’essersi dimenticato qualche cosa. Ma l’ombrellino l’aveva: sotto il braccio. E la pace era fatta! Fuori della