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Il testamento | 237 |
Strette di mano, in silenzio.
— Possibile? — disse l’assessore anziano rivolto alla vedova.
Essa riferì ai tenuti l’argomento del discorso.
— Impossibile che non l’abbia fatto! — rispose il figlio. — Un uomo come mio padre...
— La previdenza, la prudenza in persona...
— Ma — obiettò il più lungo dei generi — se avesse avuta l’intenzione di testare il povero commendatore non ne avrebbe avvertita la sua signora, per cui non aveva segreti?
— Ah! questo è vero! — la signora disse asciugandosi gli occhi.
— Ma — obiettò il più piccolo dei generi col tenue sorriso di chi si lascia scappare una castroneria — : a far testamento ci si tira, dicono, la morte addosso.
Oh! Protestarono, — Il povero commendatore non aveva di questi pregiudizi!
— Ma — obiettò il genero di mezzo per accomodar la topica dell’altro — : il povero commendatore forse dubitò di spiacere alla signora. — Già: come a dire che la superstiziosa era lei! Altre proteste. Il segretario sgattaiolò a prender aria.
— Mi viene il dubbio — intervenne a questo punto l’assessore anziano — che se non è presso il notaio Tibaldi, il testamento sia nel gabinetto del sindaco.
— Questo sì! — Ipotesi verosimile.