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230 | Adolfo Albertazzi |
stato - un galantuomo. - Le ragazze - le avevo messe - in educazione...
— Bella educazione! — Figuretta seguitava a commentare.
— Vennero a casa. - Senza la madre - spendi e spendi. - Speravo. - Il conte si ammalò...
— Ma non crepò. — Figuretta affrettava alla conclusione.
Concludeva anche Procolo.
— Quando fummo - ai conti - mi mandò via. - Ladro.
— No! Imbecille! — corresse a bassa voce il borsaiuolo. — Un fattore che si fa cacciar via per ladro prima d’essere arricchito, che imbecille!
Entrò un’altra della casa di tolleranza. Bionda; sentimentale. E Figuretta le diè luogo con una mossa da gentiluomo. Ma la ragazza inorridì. Fuggì dicendo:
— Mi par di vedere il mio babbo!
— Tutto lui! Unica differenza, che la figlia di questo babbo qui fa la suora a Lugo.
Non sorrisero al borsaiuolo che la carbonaia e l’ostessa, mentre se ne andavano anche loro. Non c’era, infatti, più speranza di giovar a quel disgraziato. Moriva.
Quando arrivò, finalmente, il signor Giulione. Non glien’era riuscita bene una. Per il cordiale bisognava una bottiglietta o una tazza. Il medico era impegnato. Aveva detto: — Se ha fame, dategli da mangiare. — I pompieri non si muove-