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226 | Adolfo Albertazzi |
piccola, cinque soldi, per i frequentatori non forniti di paga costante o guadagno sicuro.
E il signor Giulione e la signora Tecla, proprietari e ministri dell’azienda, non facevan credito a nessuno.
Così, quando nell’avanzar dell’inverno gli mancasse o tardasse il soccorso della figlia, il vecchio Granari poteva trovarsi a questo dilemma: o morir d’inedia o morir di freddo. Poteva anche, però, morir d’inedia e di freddo contemporaneamente.
E una mattina, a gennaio, il signor Giulione e la signora Tecla entrando nella stamberga per la pulizia — e che pulizia! — ebbero una sorpresa: s’accorsero di una trasgressione al regolamento non avvertita la mattina prima d’andar a riposare. L’ultimo letto di destra era ancor occupato.
Scossero quel corpo inerte nella buca del pagliericcio.
— È morto? — il marito dimandò confuso.
— No — rispose la moglie. — Va a prendere l’aceto.
Per l’aceto il giacente rinvenne; cercò con lo sguardo, senza riconoscere dove fosse. Pronunciò qualche parola.
— Muoio - di - fame.
— Corri! Dammi il latte che m’è rimasto nella teglia — ordinò, ansiosa adesso, la signora Tecla.