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La casta Susanna 211


delirava. Ma a udir le nostre voci volle sollevarsi; e ci sorrise dicendo:

— Ah la gioventù! Siete contenti, voi due! E raccogliendo lo sguardo in me solo:

— Com’è bella Adriana!

Poi socchiusi gli occhi e spento il sorriso, mormorò:

— E io muoio.

In quel punto udimmo tossire, da basso.

Lamandini.

Saliva a stento la breve scala. Quando fu su, dovè sedere per ricuperar il poco di fato che gli avanzi dei polmoni gli concedevano ancora. Ma aveva ancora tant’animo!

Si accostò al letto dell’amico, a scherzare con tutta la rudezza di un tempo.

— Fai proprio viaggio, Paolone?

— No — l’amico rispose. — Aspetto che te ne vada tu, prima.

— Prima io? Non credo. A ogni modo, hai regolati i tuoi conti, per non aver noie, di là?

— È presto! — ribattè l’altro. — Tu, piuttosto, l’hai avuto il permesso di transito? il passaporto?

— Non ne ho bisogno. Non ho ammazzato nessuno.

— Nemmeno io.

— Non ho rubato.

— Nemmeno io. Ma e il resto, Paolone?

— Niente!