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Zvanòn | 197 |
— A rischio d’annegarvi! Allora sì, i vostri! — sgridava, Per scusarmi gli dissi:
— Voglio uno di quei pesciolini.
E lui, severo:
— Pesciolini? Ranocchini, sono; ranocchi non ancora fatti. Andiamo!
Tagliò i vimini per cui era venuto; si sospese dietro, alla stringa, il pennato; mi prese, con la mano libera, la mano, e ripetè:
— Andiamo!
E soggiunse, mentre andavamo: — Lo dirò a vostra madre il rischio che avete corso: di annegarvi nella pozza!
Cominciavo a persuadermi di aver commesso una marachella più grave delle solite; e se di mia madre temevo più il dolore che i rimproveri, di mio padre temevo il rimprovero più di qualsiasi castigo. Bisognava che Zvanòn non dicesse nulla alla mamma; bisognava che egli dimenticasse il mio fallo prima di giungere a casa. Ebbi, nell’ingenua scaltrezza di un fanciullo settenne, l’idea di distrarlo dal pensiero di me con ciò che vagamente sospettavo dovesse stupirlo; e gli dissi: — Sai? Ho visto che Tito del Mulinello ha dato un bacio alla Gisa.
Egli si fermò, di colpo; mi guardò negli occhi per sorprendervi la verità. Un istante. Sentii, nell’istante, la sua anima apprendersi alla mia; e