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Un martire della verità 169


menti di verità certe a tutti e da lui ricomposti quasi per cerebrazione inconscia, le sue storie si specchiavano nella fantasia, da cui sorgevano, in un riflesso di illusione così vivida che il primo a crederci era lui; e vi giurava sopra, sicuro di non dannarsi l’anima. Ma a che valevano i giuramenti? Coloro là non gliene mandavano buona una. Ne egli poteva staccarsi da coloro, ch’erano la sua morte, appunto perchè chi ama la verità è trasportato dove più la verità è combattuta, misconosciuta, negata, spregiata.

Ignoranti! cocciuti! barbari!

— Abbiamo o non abbiamo la testa per ragionare? — egli protestava ogni giorno; e si raccomandava invano: — Per carità, ragioniamo, ragazzi!

Ragionando, non sarebbe parso naturale che un uomo lungo e magro, come era lui ora, avesse avuto molta forza un tempo? Si sarebbe forse ammalato di cuore se non avesse molto esercitato sangue, muscoli e nervi? E ciò considerando, non riuscivano ammissibili le sue geste? Che c’era di impossibile, per esempio, nella paura che aveva fatto prendere a due ufficiali, a Verona, al tempo degli austriaci?

Aveva una bella amorosa e una sera le venne sete, a lei.

— Andiamo al caffè? — Andiamo. — Mentre attendevano il cameriere, i due ufficiali, che