Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
144 | Adolfo Albertazzi |
ora morire...». Essa pensava ad Alvise «confinata in casa, sempre».
«Ieri vi vidi in strada, e credo certo che se lui non era in casa, io era sforzata, rompendo ogni velo d’onestà, di chiamarvi ad alta voce... Insomma, questa nostra vita è troppo aspra e mi pare quasi impossibile di poterla vivere lungo tempo...
«Misera e disavventurata! A che termine sono giunta per amore, dal quale non può o non dovrebbe nascere altro che buoni affetti e pur in me non provo altro che passioni, tormenti, e morte; e se io potessi finire, sarei contenta...».
«Bisogna frenare gli appetiti e scacciare certi pensieri dannosi», esortava Alvise col tono dell’amante che riflette dopo essere stato sodisfatto.
Cercava, nondimeno, di confortarla da vicino. Una volta, per parlarle, si vestì da donzella, e accompagnato da una donna si pose in chiesa, alla predica, nella stessa panca di lei; ma poi, sospettato uomo, fu costretto ad uscire. Un’altra volta, mentre stava discorrendo con Vittoria, essa fu sorpresa da uno di casa e minacciata di morte.
In tale guerra, con troppo brevi tregue, l’amore di messere Alvise si raffreddava, e nell’inquietudine e nei pericoli (egli doveva guardarsi da sicari; e un giorno ferì tre che l’assalirono per via, e non osava andar fuori che accompagnato da tre gentiluomini: Madonna Vittoria temeva che