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Valentino e Lucilio 135


zavano le lame sanguinanti; sul tumulto, sulle strida delle donne, sui gemiti dei ragazzi, sul terrore tacito degli uomini proclamavano la vendetta di Boterico.

Strage! Al macello andavano quanti con la frenesia dello scampo invadevan l’arena, tra le quadrighe già ferme, per di là raggiungere le scuderie o la porta trionfale: i macellatori vi aspettavano il branco. E a morire in massa andavano quanti si addossavano per le scalette; cadevano. I caduti facevano intoppo: monti di corpi da trafiggere inerti.

E dal terzo ordine moti si gettavano giù nella strada; e nei primi ordini cavalieri e patrizi invocavano e si davan la morte tra loro, per non essere sgozzati. A mani giunte, a voce chi alta e chi sommessa, le matrone chiamavano Gesù Nazareno. Le lame in alcune tentavano adagio il petto accompagnate da oscene esclamazioni e risate; in altre il colpo alla gola, accompagnato da un ruggito, era così violento da quasi mozzar il capo.

La strage! Il macello per vendicar Boterico. Per ordine di Teodosio il Grande mille carnefici su diecimila cristiani! Settemila vittime opposero invano il lamento dell’umanità sacrificata alla bestialità più feroce, truculenta, sitibonda di sangue umano.

Per vendicar Boterico! E sulla punta dell’obelisco, nella spina, fu infissa la testa di Libanio.