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Valentino e Lucilio 133


sferzava. Giunse ultimo alle mete, nel primo giro. Prima le oltrepassò la russata.

Allora Lucilio disse, dimentico del suo entusiasmo per la quadriga veneta o azzurra: — Io scommetto per la russata. E tu Valentino? — Valentino non ricordò più che appunto la rossa era la sua fazione; ricordò che la madre gli aveva detto:

— Vincerà Libanio — e rispose: — Io sto per Libanio, il verde!

— Sta attento! Non vedi che è ultimo, il verde? Guarda! Guarda!

Gli agitatori e giocolieri cominciavano a operare inganni in pro delle loro parti. Balzavano improvvisi, correvano qua e là, e facevan gesti da impaurire, e recavan cose da gettare nell’arena. Uno, a cavallo, tagliò d’un tratto la via, e la quadriga russata, che ancora precedeva, s’impennò; passò innanzi la veneta o azzurra, e giungeva l’albata.

Ma di subito, imprevedibile, un giocoliere si gettò a terra con meravigliosa arte, con pazzo ardire, cogliendo l’istante e l’intervallo fra le gambe posteriori dei cavalli e le ruote della veneta, ora precedente a tutte; e rialzandosi incolume, quasi sorgesse di sotto terra, spaventava i poledri dell’albata sopravveniente.

Così la russata riguadagnò terreno, ma per poco non arrotò la veneta e (fu da tutti i petti una voce di terrore) non la rovesciò. Approfittò dell’istantaneo indugio Libanio, senza che i suoi quattro cavalli, d’un splendido mantello baio dorato, sem-