Pagina:Albertazzi - Top, 1922.djvu/130

128 Adolfo Albertazzi

di dove muoveva a incontrarlo Ambrogio, il santo Vescovo. L’ira dell’imperatore cede alla parola di lui, che era la parola d’un santo. Ma dopo, nel consiglio, parlò il Gran maestro di Palazzo: — Se anche Tessalonica restava impunita, tutto l’impero rovinerebbe, e la storia ne chiederebbe conto all’ultimo imperatore, che aveva vinti i nemici e non aveva saputo vincere i ribelli; che si era addolcito della pietà dei vescovi e non si era inasprito per la licenza del popolo.

Nè gli altri consiglieri furono da meno a rimproverare e a esortare. Teodosio, alla fine, diè l’ordine. Soldati fossero subito mandati a Tessalonica; di là il mondo avesse nuovo, terribile esempio che non s’offendeva senza pena l’autorità imperiale, sebbene l’erede di Roma si facesse ora il segno della Croce.

E non sarebbe l’ultimo imperatore di Roma Teodosio il Grande! Gli ufficiali che ebbero tale missione dal Sovrano e dalla Storia ne godettero, e pensarono di adempierla con neroniana letizia: nel circo, tra la folla festosa, ignara della strage imminente, plaudente all’auriga per il quale Boterico era morto.

III.

Affrancata dal novello Governatore, la giovinetta schiava che Libanio amava diventò sposa a Libanio. Dunque nessun dubbio che Tessalo-