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Nella Romagna d'una volta | 119 |
pevole prima che cadesse nel pentimento. E l’investì:
— Ti sei svelata, una buona volta! L’ho avuta la prova manifesta del tuo cuore, della tua religione, della tua pietà! Tu non vuoi obblighi di gratitudine e di affetto; tu mi odii! Peggio: l’odio vincola, e tu non vuoi vincoli! Hai capito che io ho una volontà di ferro; hai temuto che la mia volontà sia più forte della morte e io possa dominarti sempre, finchè vivrai, e per ribellarti, per essere libera, minacci di farti suora! Ma non t’accorgi, sciagurata, della contraddizione mostruosa; non t’accorgi che sei pazza d’egoismo? Pazza! — le gridò contro.
Ella tacque; tremante; reggendosi a stento in piedi: ma con lo sguardo immoto.
E il nonno, men violento oramai che disperato, aggiunse:
— Già si dice! Nino Gal astri a chi dimandava, al caffè, perchè tu non trovi chi ti sposi, ha detto: — «Non sapete che l’Antoni è matta?».
Lui? Nino Galastri?
— Lui? — fe’ la ragazza, il volto improntato di un sarcasmo che la svisava come una smorfia atroce.
— Sì. Presto o tardi se ne pentirà; ma l’ha detto!
E allora ella corse nella camera attigua, trasse da uno stipo la lettera dell’innamorato respinto, e tornò porgendola.