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118 | Adolfo Albertazzi |
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Cesare Antoni, come soleva, una mattina uscì di casa con lo schioppo a tracolla. Scorgendolo dalla finestra Livia patì, violento, quale non mai, il riscontro delle due imagini. Pensò: «Il Passatore!» .
E per non piangere si morse le labbra, e non pianse.
Ma più tardi, senza un appiglio, senza un pretesto, osò chiedere al vecchio:
— Mia madre cosa ebbe in dote?
Egli la guardò negli occhi; essa ne sostenne lo sguardo.
— Niente ebbe. Perchè?
Niente! Dunque non avrebbe potuto dir suo, non impuro, neanche un tozzo del pane che sino allora aveva ingoiato e che per due anni dovrebbe ingoiare! E al colpo inatteso, Livia abbassò gli occhi, affranta.
— Perchè? — insistette l’altro, ancora forzandola a risollevar gli occhi e a rispondere.
— Son decisa a disubbidirle; e avrei desiderato evitare che lei, fra due anni, m’incolpasse d’ingratitudine.
A ricevere uno schiaffo l’Antoni avrebbe reagito con minor impeto. Infiammato in faccia e nelle pupille, diritto, alto, imponente vegliardo, avanzò come per arrestare nella sciagurata il pensiero col-