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Francesco mio... | 101 |
V.
Arrivò estenuato al convento.
— Son qui — disse con voce fioca, con un sospiro, affacciandosi alla cella del Signor morto; e guardò.
Ma San Francesco...
Ah! troppo a lungo il misero poeta scemo era rimasto fuori dalle illusioni antiche, troppo evidentemente la realtà si era sottratta alle sue fittizie animazioni!
Guardò; e vide sol quello che tutti vedevano, quel che vedevano i savi: San Francesco, muto, accennava al Signor morto, solo per dire: — Pregate, fratelli. — Null’altro. E la Madonna era anch’essa una statua muta. E il Signore, una statua. Null’altro! Null’altro! E tutte le cose, tutte le creature che egli aveva creduto vivessero come egli viveva, con i suoi pensieri, con il suo sentire, gli si presentarono, di subito, agli occhi e alla memoria, mute, senz’anima. Era finita! Finito l’incanto, si spegneva l’universo. Finito l’incanto, Mattucco diventava savio, e moriva davvero.
Si trascinò alla porta; tirò la corda del campanello; si abbandonò esanime nelle braccia di fra’ Pasquale.