Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/79


dall'eldorado 65

care soccorso, il socialista tacque, avanzò; retrocedette. Non era un condor, non era un’aquila, non era un pipistrello! Avviluppata nell’ali che s’erano raccolte al cessare del volo, l’insolita bestia non dava a conoscersi che per le estremità inferiori. Ebbene, Polla si avanzò di nuovo e ruppe in un’esclamazione di meraviglia alla vista di sì fatti piedi e di cosifatte gambe. Quell’animale era un uomo o, alla peggio, una donna volante! Una creatura umana, immota, svenuta o morta al suolo della sua stanza!

Con che cuore egli la volse supina e ne udì battere il cuore (era un uomo)! Con che cuore si sforzò a trascinare e adagiar il miracoloso viaggiatore nel suo lettuccio, dopo averlo spogliato delle fine e seriche ali e della giubba cui stavano connesse! Un uomo non calvo! I capelli lunghi e aurei diffusi su la bianca fronte e la lunga e gentile barba non scemavano giovinezza all’aspetto venerabile; e tutta la persona incuteva tal rispetto di beltà che, non potendo paragonarlo a un angelo, in cui non credeva, il positivista Polla lo paragonò a Adone, se pure Adone aveva la barba. N’esercitava frattanto il sangue al cuore con massaggio; ne spruzzava d’acqua il volto; finchè sospirarono entrambi: l’uomo che ricuperava vita e coscienza, e l’uomo che aveva salvato un fratello, quantunque volante.

Polla disse subito:

ALBERTAZZI. Novelle umoristiche. 5