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in arcadia | 313 |
— Cuntacc!
— S’ammazzano all’Oratorio! — gridavano — s’ammazzano all’Oratorio!
🟌
Oh no! Non gravi ferimenti; non morti.
Dal sereno cielo il sole cadeva in una letizia fervida; s’attenuava in una gioia di colori digradanti dalle fiamme della fede al biancore della carità; si spegneva in vista alle prime stelle ch’esprimevano raggi di meraviglia. Ombre di pace velavano i culmini e i dorsi dei monti più alti; calavano; e il fremito della notte penetrava tra le fronde e le foglie come voci d’anime ch’esortassero silenzio ai viventi per udirsi in concordia tra loro; e il rio diceva al mondo con che soave fluire le ore della quiete e le sue acque scorrerebbero tra gli steli cullati dall’aria, tra i sassi arrisi dalle stelle, tra le piante dormienti anch’esse (se Darwin non errò). E quante anime avevano veste di penne, si obliavano sicure d’ogni minaccia, nei loro ripari, col capo sotto l’ala tepida e parecchi con una zampina in alto; e i buoi russavano senza brutti sogni d’amore; e da tutta la terra pareva uscire un respiro immenso di tregua e di riposo.
A domani! A domani le cure e le battaglie degli uomini di cattiva volontà! Ma quei montanari semplici e buoni come animali, pur non udendo altre esortazioni che dei vecchi e dei preti, sentirono, quando se ne furon ben date,