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302 | in arcadia |
tate! aspettate! — le vergini ripresero l’inno con voci acute e alte, quasi per sfida, appena udirono dall’altra parte l’intonare della musica. E si avviarono anche i preti col Santo.
Per tal modo, in mezzo ai curiosi e dinanzi ai carabinieri, passavano lentamente le due file rivolte alle lor mete diverse. Ma passate che furono, i carabinieri avanzarono, e certi entrambi del da fare, come per un accordo che non avevano conchiuso, l’uno si volse a destra e l’altro a sinistra. Di che, meravigliati a vicenda, dissero a una voce: — Di qua! — ; ciascuno non trovando ragionevole l’errore del compagno.
L’uno era piemontese, l’altro toscano, nè tra quei due bravi giovani c’era mai stata parola a dire da quando si trovavano nella stessa stazione e da quando infrangevano insieme il regolamento per far all’amore a certa cascina dove avevano due belle ragazze, una per uno.
— Per da sì! — ripetè il piemontese. — Noi dovuma stè a j ourdin! I ourdin a soun d’andé à prés à la processioun, e la processioun bouna a l’è coula!
Ribattè il toscano:
— Bada, amio. Il nostro doere gli è quello di attende all’ordine pubblio; e chi lo minaccia ’un son mia i preti: sono i rivoluzionari! Dunque s’ha ire ’on esti!
Ma il compagno non l’intendeva; scoteva la testa brontolando: