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legrezza, nell’attesa dei vesperi solenni al dì di San Michele; mai più di quel giorno il Santo nell’atto di configgere la lancia sul serpente (di stucco anch’esso) sembrò sorridere dall’altar maggiore e dire a’ suoi protetti: All’inferno il demonio!; sia pace e gioia a voi, uomini e donne di buona volontà!

Fino il curato era allegro; perchè lo scisma ridotto a quell’innocente bipartirsi della processione, accresceva magnificenza alla festa; significava come due prove di fervor religioso in una volta o due modi di onorare pomposamente il Santo.

Ma pienamente felice era Carlone: libero di timori, libero di rimorsi; orgoglioso del suo panciotto damascato e della giacca di velluto e più orgoglioso che la nuora priora fosse tutta vestita di nero col velo bianco, quando la rettora non aveva che un abito di lana verde. Suo giudicava il trionfo: tale che aveva permesso a quelle delle «figlie di Maria» ch’erano rimaste al suo partito di andar con le altre, bastandogli al fasto della sua parte le tre «compagnie»: quella di San Vincenzo, con le mantelline rosse, quella di San Martino, con le mantelline gialle; e quella di San Giorgio con le mantelline celesti. Poi, gli parve che i suoi sonatori e i suoi cantori avessero più fiato degli altri quando la processione s’incamminò e lui e la priora si mossero dal loro luogo con la stupenda «fioriera» da portare alla Madonna. Così cantando