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certarono che l’ingegnere darebbe spettacolo di fuochi artificiali, di cuccagna e di palloni; che Carlon de’ Carli assolderebbe per conto suo cantori e musici; e che per la «fioriera» Procolo era andato a Bologna; e che dalle parrocchie vicine altre «compagnie» verrebbero ad allearsi con i compagni di San Vincenzo. Insomma: un’aspettazione grande e gioiosa quale non c’era stata mai.

Che se ci furono de’ malcontenti, essi non furono più di tre e per cagioni intime. Primi: Samuele soprannominato il Moretto e Canuto il sarto, soprannominato il Sartoretto, che vagheggiavano entrambi una ragazza meritevole in modestia di star fra le «figlie di Maria» e nello stesso tempo idonea a far spasimare due innamorati in una volta.

Quei due s’incontrarono a caso la vigilia della festa.

— Tu per chi sei? — domandò con aria di noncuranza il Sartoretto.

Il Moretto, che già conosceva l’opinione della bella, rispose:

— Per Sant’Anna. E tu?

— Anch’io. — Poi il Sartoretto, divenendo spavaldo, aggiunse: — Tu però faresti meglio a star con quelli della Madonnina.

— Io sto con chi mi pare!

E il rivale proseguendo per la sua strada:

— Oh oh, che aria tira, stasera!

Nient’altro. Una rivalità da non tenerne conto;