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296 | in arcadia |
gravi con Sua Eminenza e con la Prefettura; eran da prevedere fin processi penali in cui Carlone stesso sarebbe chiamato; ma più addolorava don Sigismondo il pensiero dello scandalo. La parrocchia di Rioronco era stata sempre una famiglia sola, a cui Carlone aveva dato sempre bell’esempio di bontà. Se si bastonassero, perchè gli animi erano riscaldati molto in quella divisione; se, Dio liberi!, si ammazzassero, che cosa direbbe il mondo? quali rimorsi non avrebbero il curato e lui, Carlone?... Ah! solo a pensarci il cappellano aveva le lagrime agli occhi.
Commosso, il vecchio fece: — Purchè nè io nè i miei, con tutti i nostri, non andiamo all’oratorio, io per me son disposto a tutto! — Quindi temendo d’aver detto troppo e di parer debole, aggiunse con foga: — Anch’io avrei rimorso se succedesse qualche lite; anch’io sarò sempre per la pace e per il timor di Dio!; ma piuttosto che andare all’oratorio, don Sigismondo, andrei in galera; andrei (si fa per dire) all’inferno!
Dio liberi! parlare così quando c’era il modo di accontentare tutti! Bastava andar tutti insieme fino alle due vie; di dove il partito di Sant’Anna discenderebbe all’oratorio e il partito della Madonnina salirebbe per la carraia, all’olmo; e dopo, riunendosi per l’ultimo tratto, ritornerebbero insieme come prima.
— Lo so, lo so! — disse il cappellano preve-