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dei due portatori di lampade e, a seguito, i contadini dell’ingegner Stoia e pochi più altri! Imaginarsi la rabbia del curato, il quale era tornato tutt’allegro in canonica poichè la rettora — sperando di ottener dal prete quattrini a frutto per il marito fittavolo — gli aveva detto francamente che aveva ragione lui; e che la priora, nuora di Carlone de’ Carli, era stata invano a tentarla; e che lei andrebbe all’oratorio, o non andrebbe in processione.

Si tenne consiglio di guerra. Il cappellano ripeteva che contrastare a Carlon de’ Carli gli pareva tempo perso ed esortava a cedere, inasprendo sempre più il curato.

— Perchè non avvisa le autorità? — chiese il falegname.

— Bravo! — risposero a una voce il curato e il campanaro. — Le autorità proibirebbero la processione per sempre!

— Dia la scomunica a tutti — consigliò il sagrestano: proposta che fece ridere amaramente. Dopo la quale il consiglio rimase muto a lungo.

Riprese il sagrestano ancora fiducioso nelle minacce spirituali:

— Una bella predica!...

Ma il campanaro, più pratico, oppose:

— Ci voglion fatti, non parole! Io direi che noi facessimo per amore quel che gli altri faranno per forza....

Alla parola d’amore il cappellano chiese:

— Cioè?