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in arcadia | 293 |
ci ligi per interesse e per soccorsi o consigli ricevuti, e che aveva tre nuore e un genero, i quali alla lor volta contavano fratelli e sorelle ch’eran mariti o mogli in altre famiglie; e aveva nipoti già ambiti per amore e per nozze in altre case; così una metà forse dei parrocchiani, costretti dalla consanguineità o dall’utile o da vicendevole timore di danni, dichiararono, promisero, alcuni anche giurarono quella stessa sera che la processione di San Michele non muterebbe cammino. Si aggiunga che Procolo, il primogenito di Carlone, dirigeva come si è detto, la «Compagnia di San Vincenzo»; onde bastò che Procolo facesse passare da compagno a compagno la voce di resistenza al prete, perchè in poche ore il drappello più vistoso e più solenne della processione fosse tutto avverso al nuovo itinerario.
E quando, la mattina dopo, il cappellano, la Perpetua, il campanaro, la moglie del campanaro che con la Perpetua aveva faccende commerciali d’uova e di polli, il becchino, il falegname che costruiva le casse da morto e che aveva in moglie la figlia del campanaro, e il crocifero che serviva da sagrestano e da chierico, quando insomma tutti coloro che avevano buone ragioni da sostenere il parroco tornarono dalla missione loro, eran tristi e dolenti. A conti fatti, resterebbero al «partito di Sant’Anna» una dozzina di «figlie di Maria», il vessillifero, lo «scalco» che porta il mazzuolo del comando, uno