Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/30

16 il suicidio del maestro bonarca

Il brigadiere frattanto preferiva la Cavalleria Rusticana al Nabucco e stancava vieppiù il delegato; il quale propose:

— Se andassimo a sedere qui dentro?

Parve a Bonarca che il pertugio dell’abitacolo si oscurasse all’interporsi d’una faccia e si sentì, con un brivido, perduto. Ma il brigadiere sconsigliava:

— Non sente che tanfo?

E i tre si mossero verso i ricercatori; lasciando il misero in una disperazione così grave e violenta che fu per fracassarsi la testa su la macina. Certo si sarebbe impiccato se si fosse sovvenuto della cinghia con cui usava reggersi i calzoni.

Ma in verità era un dilemma atroce: egli avrebbe dovuto vivere per dimostrare che tutti i calunniatori, come quell’amico infame, avevan torto e che avevano ragione i giornalisti; e vivere non poteva senza meritarsi il disprezzo universale!

Quando, poco dopo, coloro tornarono indietro.

.... — Vuol scommettere che invece d’annegarsi è scappato anche lui?

— Non credo. Non era uno da farcela così da furbo. Dite piuttosto che si sarà buttato giù, con una pietra al collo, in altro sito, per non essere pescato. Del coraggio ne aveva....

Meno male!

— Andiamo, ragazzi! — E i ragazzi — i becchini — trascorsero anch’essi. Uno sbadigliò: